Waterloo: la fine del mito di Napoleone
- magnarini
- 23 lug 2018
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A Waterloo Napoleone rischiò ancora di vincere, ma una serie di errori ed episodi sfortunati lo portò alla definitiva sconfitta e all'esilio di Sant'Elena. Ripercorriamo insieme quel fatale 18 giugno 1815.

Protagonisti
Blucher, principe di Wahlstadt, generale prussiano
Wellesley, duca di Wellington, generale inglese
Ney, maresciallo francese, di salute malferma dopo la ferita alla testa ricevuta nella ritirata di Russia, commise molti errori a Waterloo, ma fu coraggioso. Gli furono uccisi cinque cavalli durante la battaglia.
De Grouchy, maresciallo di Francia e comandante della cavalleria, fu accusato forse ingiustamente della sconfitta di Waterloo

Nei giorni precedenti l'esercito francese aveva sconfitto separatamente gli eserciti inglese e prussiano. Quest'ultimo era in fuga, e sulle sue tracce si era gettato il maresciallo francese De Grouchy con parte dell'esercito. Perciò la mattina del 18 giugno sul campo di battaglia si fronteggiavano soltanto i francesi e gli inglesi di Wellington.

La partita finale si sarebbe giocata nei pressi di Waterloo. Le dimensioni del campo di battaglia erano 2 x 4 miglia, troppo anguste rispetto allo spazio che avrebbero richiesto le manovre dei cinque Corpi d'Armata di Napoleone.
La stretta piana si stendeva tra un costone meridionale, già occupato dai Francesi, ed un altro, poco elevato, tenuto dagli uomini di Wellington, a settentrione.

L'inizio della battaglia era stabilito per le 9 del mattino, ma un temporale notturno aveva trasformato il terreno in un pantano che impedì l'immediata messa in batteria dei pezzi d'artiglieria francesi, obbligando così Napoleone a rinviare l'attacco per le 11.30.
La linea inglese, schierata lungo il costone settentrionale immediatamente dietro la sua cresta, rimaneva protetta contro la micidiale artiglieria francese.
Con funzione di avamposti, altre truppe inglesi erano piazzate, sulla destra, tra i frutteti e nella fattoria di Hougoumont, e al centro, in quella di La Haie Sainte.
Napoleone aveva in prima schiera il corpo d'armata di d'Erlon, circa al centro del settore destro. Altre truppe erano collocate sulla sinistra, di fronte ad Hougoumont.
La Guardia imperiale e le cavallerie di riserva si trovavano in posizione molto arretrata.

Come prima azione offensiva, Napoleone dispose un bombardamento preliminare e assalti diversivi sulla fattoria-castello di Hougoumont (nella foto a sinistra, come appare oggi), fortificata dagli inglesi.
L'azione era stata affidata alle due divisioni del principe Gerolamo e del generale Roy, con l'intento di indurre Wellington a sguarnire le proprie posizioni centrali per rafforzare la propria destra. Alla fine le posizioni britanniche sarebbero cadute, ma dopo aver dissanguato e distolto cospicue forze francesi dal loro obiettivo principale della collina.
Ancora un errore per colpa dell'inesperienza dei generali, in questo caso del principe Gerolamo, fratello dell'Imperatore.

La battaglia
Alle ore 13, quando d'Erlon si apprestava all'attacco principale al centro, contro Mont St. Jean e La Haie Sainte, comparvero in lontananza i 30mila prussiani guidati dal maresciallo von Blucher in persona: Grouchy non era riuscito ad intercettarli e, per di più, la manovra dalla posizione centrale era fallita per il ritardo nell'inizio della battaglia.
Nonostante tutto, l'Imperatore era convinto di poter annientare Wellington abbastanza rapidamente da potersi rischierare contro il nuovo nemico ancora lontano.
Inoltre sperava che Grouchy potesse ritrovare il luogo della battaglia seguendo il rombo del cannone e intervenire tempestivamente nello scontro con le sue divisioni di cavalleria.
L'attacco, inizialmente promettente, si risolse invece in un mezzo disastro. I reparti francesi, preceduti dalla fanteria leggera che avanzava in ordine sparso con il compito di infastidire il nemico con tiri di precisione, risalirono la china disposti in "colonnes de bataillon par division", una formazione densa, antiquata e lenta: ogni divisione muoveva con otto o nove battaglioni dispiegati l'uno dietro l'altro, e così potevano sparare soltanto gli uomini della prima fila del primo battaglione, in tutto 200.

Gli inglesi, invece, erano disposti alla "vecchia maniera", con tutti i battaglioni dispiegati uno accanto all'altro su due sole linee di fucilieri (secondo alcuni, a Waterloo le file erano tre).
Tutti i fanti inglesi, quindi, potevano sparare senza alcun impaccio. Le formazioni francesi erano perciò destinate ad essere falciate una riga dopo l'altra.
Di solito un fante ben addestrato riusciva a tirare tre colpi al minuto col suo fucile a pietra focaia. Due soldati posti in riga uno dietro l'altro erano dunque in grado di fare fuoco sei volte al minuto. Se si moltiplica tale numero per le migliaia di fucili impiegati dai Britannici sulla collina, si può avere un'idea della tempesta di piombo che si abbattè sui battaglioni francesi.
Naturalmente la massiccia artiglieria francese con il suo fuoco d'appoggio avrebbe potuto scompaginare le lunghe ma esili file dei fucilieri britannici; Wellington, però, aveva schierato le sue truppe dietro il crinale della collina, nascoste alle batterie avversarie, e le spinse allo scoperto solo quando i nemici erano ormai giunti a tiro utile dei fucili, cioè a circa 200 metri.
Se le colonne francesi, pur sopportando perdite sanguinosissime, si fossero mantenute compatte, avrebbero facilmente spezzato le linee inglesi; ma ciò non avvenne.
Infatti le truppe di Napoleone a Waterloo non erano più i veterani delle campagne precedenti, ma giovani coscritti (i Marie-Louise) o uomini in età troppo avanzata. Così, dopo aver ottenuto alcune marginali vittorie in prossimità di una cava di ghiaia, le truppe di D'Erlon mostrarono i primi segni di disordine.

E allora si riversò su di loro la formidabile carica della Union Brigade di Ponsonby e della cavalleria di Somerset.
Come un torrente in piena gli Scots Greys, così chiamati per il colore del manto dei loro cavalli, si avventurarono sugli inesperti e frastornati francesi. In pochi attimi dilagarono il panico e la strage. Nell'inseguimento, però, gli Scots si spinsero oltre il dovuto. Non più della metà di essi rientrò viva nelle linee di partenza.
I marescialli francesi che avevano combattuto contro gli inglesi in Spagna, sapevano già per esperienza che le loro cavallerie «avanzano sfrenate come se si trovassero ad una caccia alla volpe». Napoleone, invece, lo scoprì soltanto quel giorno.
Tra le ore 16 e le 17 avvenne il secondo episodio cruciale della battaglia: la carica sulla collina dei 5000 lancieri, cacciatori e corazzieri per ordine e sotto la guida personale del maresciallo Ney, che interpretò un movimento inglese verso le retrovie come un accenno di ritirata, mentre si trattava solo dei feriti che venivano sgomberati dal campo sui carri delle munizioni.

Ney scatenò quindi un "assalto finale" dalle conseguenze nefaste.
Grouchy, non avendo ricevuto o compreso il pur chiaro ordine di accorrere a Waterloo che Napoleone si era affrettato a rinnovargli, continuava a cercare von Blucher nella direzione sbagliata, privando Napoleone dell'apporto delle sue divisioni.
L'impeto della prima ondata di cavalieri francesi venne salutato da un'ovazione generale. Subito dopo praticamente tutte le cavallerie francesi, tra le quali i pur disciplinatissimi lancieri polacchi della Guardia, si avventarono sui quadrati inglesi ritenendo che fosse giunto il grande momento.

Ai primi 5mila seguirono altri 10mila cavalieri francesi, a ondate successive. Alle cariche di Ney, Wellington si preparò schierando i suoi uomini in quadrati.
Ogni quadrato era disposto con la fila più esterna di uomini in ginocchio con il calcio del fucile piantato saldamente a terra per creare una selva di baionette che sventrava i cavalli, e le altre file più interne, in genere due, in piedi a sparare.

L'episodio della carica di Ney si risolse finalmente con il contrattacco della cavalleria inglese di Uxbridge, che rigettò gli ormai esauriti cavalli francesi giù dalla collina e riconquistò i pezzi d'artiglieria inglese che erano caduti in mano nemica.
Mentre Ney vedeva le sue possibilità di vittoria diminuire di minuto in minuto, i Prussiani proseguivano la loro lenta marcia di avvicinamento.
Grouchy continuava a non comparire. A rallentare i Prussiani avrebbe provveduto la guardia imperiale. A Plancenoit, per esempio, la carica alla baionetta di due soli battaglioni della Vecchia Guardia era bastata a mettere in rotta ben 14 battaglioni nemici! Il fianco destro era, almeno per il momento, stabilizzato.

L'imperatore aveva ancora a disposizione otto o nove battaglioni di granatieri della Guardia appartenenti alla riserva strategica dell'Armata, veterani scelti sui quali si poteva fare affidamento assoluto: Napoleone avrebbe potuto, nonostante tutto, riuscire ancora vincitore. I tamburi della Guardia iniziarono a battere. En Avant! Napoleone stesso accompagnò i suoi soldati fino a 660 metri dalle linee nemiche. Artiglieri e fucilieri inglesi li attendevano, occultati dietro rigogliosi campi di grano.
«La garde recule!» (la guardia arretra) fu il grido che si levò dall'incredulo esercito francese. L'Armata francese esitò per un attimo, atterrita. Accortosi di ciò, Wellington gettò in aria il suo cappello. A questo segnale 40mila inglesi si riversarono da Mont St. Jean verso la piana, e l'Armée francese si disintegrò.

Alle 9 di sera, superata l'ultima disperata resistenza della Guardia, Wellington e von Blucher si incontrarono, a battaglia ormai finita, alla taverna detta "La Belle Alliance" (nella foto a sinistra, come appare oggi): mai nome di luogo fu più adatto. Napoleone, in quel momento, era in fuga sotto la protezione dei quadrati del I Reggimento dei granatieri, l'èlite dell'esercito.
Le perdite
Le perdite di entrambe gli schieramenti a Waterloo furono spaventose: 15.100 gli inglesi, 7.000 i Prussiani e 25.000 Francesi, ai quali furono catturati ulteriormente 8.000 uomini e 220 cannoni.
Fonti: vedere il sito, molto ben costruito, www.arsbellica.it, da cui ho attinto a piene mani per scrivere questo post
Consigli di lettura: Alessandro Barbero, "La battaglia: storia di Waterloo"
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