Quando le armi da fuoco uccisero l'ideale cavalleresco
- magnarini
- 9 feb 2018
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Il XVI secolo vide la comparsa delle armi da fuoco sui campi di battaglia. Di conseguenza cambiarono tutte le strategie belliche, ma non solo: crollò anche l'ideale cavalleresco. La battaglia di Pavia (24 febbraio 1525) è l'emblema di questo passaggio epocale.

Sul campo di Pavia si scontrarono il re di Francia Francesco I e l'imperatore del Sacro Romano Impero, nonchè re di Spagna, Carlo V.
La mattina della battaglia, gli archibugieri di entrambi gli eserciti si schierarono sul campo di battaglia. I nobili, da sempre migliori rappresentanti della cavalleria, disprezzavano i "villani" armati di archibugi, poichè di bassa estrazione sociale. Ma le armi da fuoco presero rapidamente piede negli eserciti: addestrare un uomo all'uso dell'archibugio era semplice, rapido ed economico, mentre l'armamento di un cavaliere era molto costoso, e l'addestramento durava anni. Oltre ai motivi strategici, fu soprattutto per questo che le armi da fuoco cominciarono a invadere i campi di battaglia.

Tornando a Pavia, l'artiglieria francese stava decidendo praticamente da sola le sorti della battaglia, ma Francesco I (immagine a lato) decise che non era il caso di lasciare tutto il merito della vittoria ai "vili" cannoni, lanciandosi quindi in una impetuosa carica contro le cavallerie imperiali.
Il re francese, uno dei più grandi cavalieri del tempo, sbaragliò i cavalieri avversari, divertendosi come ad un torneo. Ma a questo punto l'esercito imperiale spostò circa 1500 dei suoi archibugieri nel boschetto subito di fianco alla posizione in cui si trovava la cavalleria francese. Dopo le prime tre scariche di archibugi, la maggior parte della cavalleria più potente d'Europa cadde sotto il preciso tiro dei 1500 "villani" spagnoli.
L'intervento del vicerè di Napoli risparmiò Francesco I dalla crudeltà degli archibugieri che lo avevano appena catturato.
La mischia
Ma la battaglia continuava la sua storia, questa volta con protagoniste le fanterie. I lanzichenecchi al servizio francese si scontrarono contro quelli imperiali in un impatto frontale spaventoso. Nonostante le truppe al servizio di Francesco I fossero riconosciute come ottime per qualità, i tedeschi ebbero la meglio.

La fine di un'epoca
All'inizio della mattinata del 24 febbraio 1525 la battaglia era conclusa. I francesi lasciarono sul campo 6000 uomini. Francesco I fu catturato e deportato in Spagna come prigioniero. L'epoca delle cavallerie pesanti come dominatrici dei campi di battaglia era definitivamente conclusa.
Curiosità: origine del termine «lapalissiano»
Lapalissiano significa talmente ovvio ed evidente che la enunciazione o la constatazione ne risulta ridicola. Il termine deriva da due versi di una canzoncina francese cantata dai soldati dopo la morte di Jacques Chabannes signore de La Palice, avvenuta nella battaglia di Pavia, che così suonano: “un quarto d'ora prima di morire, era ancora in vita”.

l mestiere delle armi
Giovanni de’ Medici, “dalle bande nere”, condottiero come molti suoi connazionali, non partecipò alla battaglia di Pavia perché ferito. Morì nel 1526 a soli 28 anni per una ferita causata da un falconetto (un piccolo cannone). Nel film "Il mestiere delle armi" di Ermanno Olmi, che lo vede protagonista, si vive benissimo il clima del passaggio storico dall'ideale cavalleresco alla brutale guerra della polvere da sparo, "dove un qualunque villano può uccidere facilmente il più grande cavaliere del mondo".
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