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La misteriosa missione di Hess

  • Immagine del redattore: magnarini
    magnarini
  • 2 mag 2018
  • Tempo di lettura: 5 min

E se la Germania si fosse alleata con l'Inghilterra contro Stalin, che Europa avremmo oggi? Questa ipotesi all'apparenza fantasiosa ha un suo fondamento, come leggerete nelle righe seguenti.


Sabato 10 maggio 1941, alle 6 del pomeriggio, un Messerschmitt 110 tedesco decolla dall’aeroporto militare di Augusta; trascorse poche ore lo stesso aereo, attraversa il mare del nord e, dopo aver eluso il controllo della RAF, atterra in Gran Bretagna, lasciando dietro di sé il suo pilota, catapultatosi fuori col paracadute.

Quell’uomo era Rudolf Hess, il delfino del fuhrer, il camerata della prima ora, l’amico fidato cui Hitler dettò, nel carcere di Landsberg, il mein kampf.

Veniva così a determinarsi uno dei più grandi misteri della storia, ancora oggi irrisolto e che continua a dividere gli storici circa le sue ragioni.

Cosa ci faceva il potentissimo Rudolf Hess nella nemica Inghilterra? Hitler era o meno al corrente di quel volo? Quali furono i reali motivi di quel viaggio?

L’unica certezza è che il solo testimone in grado di chiarire la portata di quella decisione, ossia lo stesso Hess, ha lasciato questo mondo il 17 agosto 1987, con la morte avvenuta nel carcere di Spandau, anch’essa circondata da enormi dubbi e da un profondo alone di incertezza; fu morte naturale o suicidio?


Secondo quanto già indicato in precedenza, varie teorie sono state avanzate su quel viaggio e la più seguita ed accreditata avrebbe voluto un Hess, caduto in disgrazia agli occhi del suo grande amico Hitler, tentare di riabilitarsi, cercando, all’insaputa dello stesso Hitler, di esaudire quello che credeva il desiderio del fuhrer di concludere una pace con l’Inghilterra, per poi attaccare e distruggere il grande nemico bolscevico.

In più di una occasione Hitler aveva infatti manifestato i suoi propositi di amicizia con gli inglesi, a cominciare dal 24 maggio 1940, quando, dopo la dilagante guerra lampo, in grado di travolgere, nel giro di poche settimane, gli eserciti alleati, diede l’ordine di non attaccare il corpo di spedizione inglese, schiacciato, senza alcuna possibilità di fuga, nel porto di Dunkerque, in attesa di reimbarcarsi per la madrepatria, insieme ai resti delle truppe francesi.

Hess pertanto avrebbe deciso, sulla base di un presunto tacito consenso del suo grande amico, di prendersi la responsabilità di avviare le trattative con il governo di Sua Maestà al fine di ottenere una pace separata, ma le cose gli andarono male, sia in Gran Bretagna, sia in patria, ove la sua missione sconvolse l’opinione pubblica, i gerarchi e soprattutto lo stesso fuhrer, il quale nell’apprendere la notizia sarebbe scoppiato in lacrime.

All’indomani di quella clamorosa missione, Hitler, senza alcun rimpianto o remora, sconfessò pesantemente il suo ex delfino, con un comunicato radio ove fu durissimo, parlando di profonde turbe psichiche dalle quali sarebbe stato afflitto il camerata Hess; dopo anni e anni di simbiosi, terminava dunque brutalmente la profonda unione tra i due personaggi, che avevano vissuto, dalle primissime origini, la parabola ascendente del nazismo, a partire dalla misteriosa ed enigmatica setta esoterica Thule, da cui aveva tratto origine il partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi.

Fin qui la versione più accreditata tra i vari storici, ma ci sono delle correnti minoritarie, tra cui quella autorevole sostenuta dall’architetto Wolf Rudiger Hess, figlio di Rudolf Hess e suffragata dall’illustre storico tedesco, Ulrich Schlie.


Secondo il figlio di Hess la versione inglese, che parla di un suicidio derivante dall’insofferenza per le molestie riservate dai sorveglianti, non convince ed è difficile in realtà dargli torto: l’ultimo gerarca di Hitler era vigilato 24 ore su 24 da un reparto di 54 persone, all’interno di un carcere, quello di Spandau, ove questi era l’unico detenuto; senza contare che Hess era ormai un vecchio confuso, pressoché incapace di intendere e di volere e, particolare da non trascurare, indebolito e fiaccato nel fisico dai suoi 93 anni.

L’architetto sostiene che la missione fu preparata dettagliatamente dal padre e dallo stesso Hitler, i quali avrebbero agito, come ai bei tempi, in perfetta sintonia tra di loro; Hitler sarebbe pertanto stato perfettamente a conoscenza del piano e la sua reazione soltanto una strategia palesemente volta a salvaguardare l’immagine del regime e la sua intransigenza verso i nemici.

Non si può inoltre fare a meno di osservare come il viaggio di Hess, sia avvenuto nell’imminenza dell’"Operazione Barbarossa" contro l’Unione Sovietica di Stalin, considerata il vero obbiettivo della guerra, in forza della lotta al comunismo e dell’applicazione della teoria dello spazio vitale ad est, dell’espansione cioè del popolo ariano verso i territori dell’est Europa.

Una pace separata con l’Inghilterra sarebbe stata oro colato per il grande reich, che avrebbe in questo modo avuto l’occasione di attaccare indisturbato il nemico bolscevico, evitando di combattere su due fronti, come avvenne per l’impero di Guglielmo II, durante la prima guerra mondiale.

Si può facilmente supporre che, al fine di attuare questo proposito, Hitler, che non poteva esporsi pubblicamente, avesse bisogno di un uomo cui riservare la più cieca e totale fiducia, di un uomo che non l’avrebbe mai tradito e chi meglio del grande amico e camerata Hess poteva incarnare questa figura? Chi meglio dell’uomo che fin dall’inizio aveva dimostrato ad Hitler, una devozione talmente morbosa da indurlo a seguirlo in prigione rinunciando alla libertà quando, dopo il putsch, riuscì a trovare la fuga? Chi meglio dell’uomo che scrisse di pugno, dietro dettatura, il "mein kampf"?

Hitler scelse pertanto il suo più fedele seguace per eseguire la delicatissima missione di attuare quanto concertato a tavolino, per un piano i cui dettagli resteranno sempre avvolti nel mistero e che ha dato adito a molte supposizioni, alcune delle quali vanno oltre l’ipotesi di una semplice pace con il governo di Sua Maestà.


Una di queste ipotesi recita che quella sconvolgente missione sarebbe stata accompagnata da motivi sommersi, avvolti dal mistero e talmente pregiudizievoli da indurre le autorità alleate ad organizzare l’uccisione del gerarca nazista.

I mandanti dell’omicidio sarebbero da individuare nei servizi segreti britannici i quali non solo temevano che Gorbaciov, in linea con la sua politica riformista e di disgelo, decidesse di liberare il prigioniero ma anche, come sopra indicato, che venissero alla luce i reconditi e celati, reali motivi della sua missione in Inghilterra, in grado di nuocere all'immagine di Churchill e di svelare verità nascoste riguardanti le vicende del secondo conflitto mondiale.

Queste preoccupazioni avrebbero giustificato l’eccessivo zelo delle autorità alleate in merito alle severissime misure di sicurezza circa la prigionia di un uomo ormai innocuo e pressoché incapace di intendere e di volere: oltre a vivere in una cella di m. 2,70 x 2,30, che prendeva luce da un’unica finestra, oltre ad essere sorvegliato a vista da un gruppo di oltre 50 guardie, ad Hess erano solo concessi due minuti al mese di colloquio con la moglie e il figlio alla presenza di un guardiano; evidentemente forte era il timore che qualcosa potesse trapelare, sconvolgendo quelle che erano ritenute e sono ritenute tutt’ora certezze ormai acquisite in merito ai drammatici avvenimenti che per ben 6 lunghi anni, sconvolsero il mondo, fino alla caduta del nazional-socialismo.

Appare comunque evidente che Hess, anche qualora quell’azione fosse stata concertata con lo stesso Hitler, non tradì mai il suo grande amico, mantenendo fino all’ultimo la consegna del silenzio e non facendo parola con nessuno sugli inquietanti risvolti del suo misterioso viaggio; la sua totale sottomissione all’amato fuhrer rappresenta l’unica certezza di questo macabro quadro così come la sua fedeltà fino alla morte per quanto fatto e compiuto per la gloria dell’aquila nazista.


(Articolo adattato da un originale di Francesco Ranocchi)

 
 
 

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