L'Italia nel pozzo
- magnarini
- 6 apr 2018
- Tempo di lettura: 3 min
Chiunque appartenga alla mia generazione ha un ricordo indelebile, legato a un nome: Alfredo Rampi, per tutti semplicemente Alfredino. Vi consiglio il libro “L’Italia nel pozzo” di Massimo Gamba, un titolo perfetto, perché veramente tutta l’Italia si fermò in quei giorni, col fiato sospeso per la sorte di quel bambino.

In quei giorni, oltre alla sincera solidarietà di tante persone, vennero a galla tutta la cialtroneria, l’approssimazione e il dilettantismo di questa italietta che trasforma anche la tragedia in una farsa. Immagine emblematica di questo: il vigile del fuoco che gira tra la folla con il metro da sarto, misurando le spalle delle persone nella speranza di trovare qualcuno abbastanza magro da entrare nella minuscola imboccatura del pozzo dove da 48 ore è caduto Alfredino.
Fu la più lunga diretta televisiva della storia della TV; in quei giorni stavano avvenendo altri fatti importanti, per esempio stava nascendo il governo Spadolini, cioè il primo governo del dopoguerra presieduto di un non democristiano. Un evento storico, ma a nessuno fregava nulla: volevano tutti la diretta dal pozzo.

In quei giorni caldissimi, la madre di Alfredino rimase praticamente sempre a bordo del pozzo. Dopo circa 24 ore, un vigile del fuoco la prese in disparte, e la costrinse quasi a forza ad andare a casa un paio d’ore, per non crollare fisicamente e psicologicamente. Lei andò a casa, si fece una doccia e si cambiò d’abito, e dopo neanche un’ora era di nuovo sul posto. L’autore del libro racconta di aver udito di persona commenti di questo tipo tra la folla: “’Sta stronza va a farsi la doccia mentre il figlio muore…”. “Si è pure cambiata il vestito per fare la sfilata di moda davanti alle telecamere”. La folla sa essere davvero crudele.

Angelo Licheri fu l’unico a riuscire ad arrivare a 60 metri di profondità e a prendere le mani di Alfredino: tirò, tirò, ma poi dovette arrendersi, lasciandolo laggiù. Le sue lacrime di oggi sono quelle di chi porta dentro un senso di colpa indescrivibile, anche se nessuno può rimproverargli nulla.
Ma non voglio ricordare questi tristi episodi. C’è un’altra immagine che voglio ricordare: un disegno di Vauro apparso sul Messaggero il giorno in cui fu chiaro che per Alfredino il tempo era scaduto. C’è Mazinga, il robot dei cartoni animati, inginocchiato in lacrime sul bordo del pozzo. La vignetta si riferisce al vigile del fuoco che per tutti quei giorni parlò con Alfredino: provò sempre a tranquillizzarlo, gli promise di portarlo con lui in Sardegna per presentargli i suoi 4 figli. E gli disse che era arrivato Mazinga per scavare un tunnel per salvarlo. Si riferiva alla trivella, che doveva aprire un tunnel parallelo al pozzo, ma che alla fine si rivelò un grave errore, uno dei tanti in quei caldi giorni di giugno.

Quel vigile del fuoco si chiamava Nando Broglio, ed è morto l’anno scorso. Fu intervistato poco tempo prima sull’argomento e ancora piangeva a distanza di così tanto tempo, e anche io sono molto scosso quando ricordo quei giorni: ricordo quell’angoscia, quella sensazione che a breve si sarebbe tutto risolto, alternata alla sensazione che invece fosse tutto ancora in alto mare.
Alfredino ha vissuto l’inferno in terra, e il disegno di Vauro è un tenero omaggio alla sua memoria. Ho cercato su internet quella vignetta ma non sono stato in grado di trovarla, vi sono grato se riuscirete in qualche modo a trovarla e condividerla.
Qui sotto trovate un link a un documentario fatto molto bene sulla vicenda. Vi consiglio di trovare un'ora di tempo per guardarlo.
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