Il Savoia Cavalleria nel gelo della Russia
- magnarini
- 27 gen 2018
- Tempo di lettura: 3 min
Qual è stata l'ultima carica di Cavalleria della storia? Non risale a molto tempo fa. La riviviamo nel racconto di chi era presente.

Siamo in piena Seconda Guerra Mondiale, sul terribile fronte russo.
Passata alla storia come carica di Isbuscenskij, si verificò la mattina del 24 agosto 1942. Vide protagonista il reggimento italiano Savoia Cavalleria.
Viene ricordata come l'ultima carica di cavalleria condotta da unità del Regio Esercito italiano contro reparti di truppe regolari.
"Ho fotografato l'ultima carica della cavalleria italiana"
Carlo Comello, ex agricoltore di Castelnovetto, piccolo centro della Lomellina quasi ai confini con il Piemonte, è stato testimone dell’ultima carica di cavalleria dell’esercito italiano, durante la campagna di Russia. Non solo: scattò l’unica fotografia originale esistente di quell’assalto. E' la foto che vedete a inizio articolo.
Era l’alba del 24 agosto 1942, nei pressi del villaggio di Izbuscenskij, poco lontano dal Don: quattro squadroni del reggimento Savoia Cavalleria, 700 uomini in tutto e i loro destrieri, si lanciarono nel combattimento e dispersero 2500 fanti siberiani armati di mitragliatrici e mortai.

«Io ero là», ricorda in un'intervista rilasciata a "La Stampa" nel 2016, lucidissimo a dispetto dei suoi 96 anni. Allora ne aveva 22 ed era in forza al 3° reggimento artiglieria Celere, 1° gruppo artiglieria a cavallo.
Di quell’epico scontro si è sempre creduto che non esistessero immagini originali, al punto che poche settimane dopo dall’Italia fu inviata una troupe dell’Istituto Luce per realizzare riprese posticce da utilizzare per la propaganda di regime nei cinegiornali. Ufficiali e soldati si prestarono malvolentieri a ripetere a beneficio della cinepresa un finto assalto nella steppa e nei campi di girasole, nel timore di sfiancare ulteriormente i loro cavalli già provati.
Sei ore di carneficina
Invece almeno una fotografia dell’assalto c’era, ma è rimasta chiusa in un cassetto per quasi settant’anni. La realizzò con una Zenith Luxus a soffietto proprio Carlo Comello. Sorretto da una memoria di ferro, ricorda tutto di quella tragica campagna, dalla quale riportò a casa la pelle e anche 55 negativi. Li custodì gelosamente sino al gennaio 2007, quando li offrì a un negozio di fotografia di Mortara per realizzare una vetrina, insieme con i suoi ricordi, annotati a mano su un quadernetto solo dopo essere andato in pensione, poi ricopiati a macchina e in seguito dati alle stampe nel 2012. Il vetrinista, Sandro Passi, che è anche giornalista pubblicista, ne scrisse su un periodico locale, suscitando l’interesse degli esperti di storia militare. Dall’analisi di quel materiale inedito è emerso che conteneva anche uno scatto della carica di Izbuscenskij.
«Il mio compito - ricorda Comello - era guidare un autocarro per gli spostamenti di una pattuglia di osservazione e collegamento. Quel giorno rimasi in disparte, in un boschetto di betulle, dove avevo nascosto il mio Fiat Spa 38R, con a bordo una cassa di bombe a mano e cinque taniche di benzina. Per vedere cosa stava succedendo salii sul tetto della cabina. Con un piccolo cannocchiale, che avevo recuperato da un cannoncino anticarro russo fuori uso, vedevo passare a intervalli gli squadroni lanciati al galoppo contro le postazioni dei russi. Scavalcarono le loro trincee e arrivarono fino al Don, per fare poi dietrofront e colpirli alle spalle, mentre i Lancieri di Novara li attaccavano ai fianchi. Dopo circa sei ore di violenta carneficina il Savoia Cavalleria concludeva la sua ultima carica».
«Non siamo più capaci»
I morti russi furono circa 300, oltre 200 i feriti e 500 i prigionieri. Tra gli italiani, riportano le fonti ufficiali, oltre alla perdita di 150 cavalli ci furono 33 caduti, compresi 3 ufficiali, e 53 feriti. Gli ufficiali tedeschi si congratularono con il colonnello Alessandro Bettoni, comandante del Savoia Cavalleria, dicendo: «Noi queste cose non le sappiamo più fare». Un riconoscimento del valore dei soldati, ma anche dell’arretratezza delle tecniche militari italiane, quando ormai si era alla vigilia della guerra atomica.
Comentarios