Gli italiani di Mussolini
- magnarini
- 9 gen 2018
- Tempo di lettura: 3 min
Il fascismo voleva creare un nuovo italiano. Vediamo che strumenti cercò di usare a tale scopo.

Mussolini parlò sempre degli italiani come di un grandissimo popolo, ma in realtà lo disprezzava: “un popolo che è stato per sedici secoli incudine, non può in pochi anni diventare martello”.
La tipologia fascista fu delineata da tre componenti:
- Il senso della guerra
- La socializzazione
- La consapevolezza del proprio essere di italiani-fascisti e della propria missione nel mondo.
Il guerriero
La vita viene concepita come una lotta, deve essere seria, austera, religiosa, e bisogna essere sempre pronti a sacrificarla per la patria. Soltanto la violenza, il sacrificio, il coraggio avrebbero potuto “forgiare” gli italiani. Il fascismo fece dello sprezzo della vita, altrui e propria, uno dei punti centrali per la costruzione della nuova umanità. “il fascista […] deve sempre ricordarsi di essere fascista” (G. Gentile).
La libertà si crea solo nello Stato: “identificarsi con lo Stato, esistere nello Stato, con lo stato, per lo Stato”. La violenza del fascismo è una violenza “buona”, “giusta”, sana, distruttrice del falso e dell’idolatria. Ciò porterà anche, come vedremo, alla guerra contro lo “spirito borghese”.

La socializzazione
La socializzazione doveva eliminare il conflitto di classe attraverso l’amore di patria e lo Stato corporativo. Lo strumento per fare partecipare le masse alla vita politica, per suscitare un sentimento comune, una spiritualità collettiva indispensabili per la formazione di un popolo veramente unito.
La massa sarebbe stata organizzata in una società gerarchica. Il fascismo riempì per la prima volta di significato le parole “popolo italiano”.
La consapevolezza e i giovani
Mussolini puntò sui giovani per creare l’anima dell’italiano fascista. Nel “Decalogo dell’italiano nuovo” (1939) sono riassunte le caratteristiche della gioventù fascista. Molta importanza ebbero dunque i Littoriali della cultura e dell’arte. Il duce preferì puntare a un consenso di tipo irrazionale, religioso, piuttosto che investire nella formazione di giovani capaci di ridiscutere e rielaborare il fascismo; perciò il fascismo divenne fede.
I vecchi fascisti volevano dei giovani che recepissero passivamente e completamente le idee senza avere armi per metterli da parte. Di conseguenza, puntando sull’ortodossia, l’uomo nuovo che avrebbe dovuto cambiare la società in senso fascista fu privato della possibilità di discutere cosa fossero il fascismo e la nuova società. Fu una contraddizione fatale. Per la maggioranza dei giovani, del fascismo rimaneva solo la forma, la struttura esteriore; divenne una via per accedere più velocemente a una carriera.
Alla società italiana sono rimasti, del giovanilismo fascista, un fortissimo sospetto per i tentativi di rinnovamento delle nuove generazioni e il deprezzamento dei vecchi, pesi inutili da sopportare.

I gerarchetti
Il fascismo riuscì per la prima volta nella storia a portare la quasi totalità del popolo a un sentimento comune, anche se non così inattaccabile, né così profondo e spirituale, come avrebbe voluto. Lo stereotipo del fascista fu quello del “gerarchetto”, cioè i capi e capetti di mille organizzazioni; per tagliacarte si usavano baionette, per portamatite bossoli di mortaio. Gerarchetti furono anche le centinaia di migliaia di “capifabbricato”, niente più che spioni sui comportamenti politici degli abitanti del palazzo.
Il sistema rigidamente gerarchico riusciva a dare a chiunque una, sia pur minuscola, porzione di potere e questo piaceva immensamente agli italiani. Questi “capiqualcosa” saranno l’ossatura del Paese nel dopoguerra, rinnegando i trascorsi fascisti ma certo non abbandonandone la mentalità.
Dal culto del littorio al culto di Mussolini
I miti risorgimentali furono abbandonati in fretta per fare posto a un modello di Stato più antico e potente, che permettesse di sognare orizzonti sterminati. E iniziò il culto della romanità imperiale. L’architettura titanica e quella neoclassica erano indispensabili per contenere le folle.
La massa raggiunse con il fascismo una delle più alte espressioni nella storia mondiale: le grandi manifestazioni di massa, basata su riti e simboli, l’unico modo affinchè la fede durasse. Occorreva un fuoco centrale, un polo d’attrazione: fu naturale individuarlo in Mussolini. Il culto del duce confermò nel popolo l’abito cortigiano, lo scarso senso della propria responsabilità, il vezzo di attendere dal duce, dal domatore, dal deus ex machina la propria salvezza.
Le guerre come unica scelta
La guerra assunse le dimensioni di vero mito di fondazione. Essa aveva dimostrato che l’affratellamento di popolazioni diverse (per motivi storici, sociali e perfino genetici) e l’orgoglio nazionale nascevano spontaneamente e rapidamente in un conflitto. La guerra fu inevitabile perché faceva parte dell’essenza del fascismo-religione.
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